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Immagine del redattoreLuca Dall'Asta

A "SCUOLA DI BOTTE" CON SIMONE CICALONE

Aggiornamento: 11 giu 2021

Conoscete Simone Cicalone?


Per chi ha detto sì, questa è l’occasione per approfondire la vostra conoscenza sul personaggio, scoprire qualcosa di più che dai video non si percepisce. Per quelli che invece non ne hanno mai sentito parlare vi offriamo qualcosa di ancora meglio, la possibilità di avvicinarvi ad uno degli ultimi documentaristi di strada attivi su Youtube Italia. E no, non è un documentarista alla Brumotti o Iene, uno di quelli che ti fa incazzare e che ti porta quasi a tifare per i “cattivi”. È qualcosa di diverso ma questo lo facciamo spiegare a lui.


Cicalone è uno youtuber romano che al momento conta 268mila iscritti al proprio canale, a fronte di un vero e proprio archivio digitale di ben 850 video caricati negli ultimi 7 anni, anche se il primissimo video risale a 13 anni fa, alla preistoria di Youtube.


Varia tantissimo i suoi format, ha la parola di Roma in bocca e questo passa decisamente attraverso i suoi video. Il suo format cardine, quello per cui ha lavorato di più è sicuramente “Scuola di botte”. Cicalone, ex kick-boxer e pugile professionista, ha dedicato gran parte della sua vita agli sport da combattimento ma senza mai accantonare la propensione naturale alla creazione di contenuti per il web ed ai tecnicismi informatici che ne conseguono. Da questo mix nasce il personaggio di Cicalone, bravo a raccontarsi ma con alle spalle una street credibility da paura.




In Scuola di botte si è parlato di tutto, dagli allenamenti del pugile alle risse da strada, dai racconti quasi mitici del passato dello stesso Cicalone ai consigli alimentari, dai video motivazionali a quelli più divertenti. Il tutto raccontato con sottile ironia e condito da quell’impronta che solo i romani riescono a dare comunicando.

Nell’ultimo periodo Cicalone ha fatto grandi numeri occupandosi di “Quartieri criminali”, il suo nuovo format di gran successo. Già nel titolo c’è ironia, Cicalone va effettivamente in quei quartieri con la nomea peggiore di Roma ma ci va per parlare veramente con chi abita in quei quartieri, per evidenziare il disagio, l’abbandono da parte delle istituzioni e la povertà. In questi video è presente anche Mattia Faraoni, pugile professionista, che la settimana scorsa ha lottato per il titolo di campione italiano in un match finito sospeso tra mille polemiche. Ora parola a Cicalone.


 

N: Come hai iniziato nel mondo dello sport da combattimento?


SC: Quando ho iniziato io, la kick-boxing in Italia ancora non era approdata, c’era il full-contact. Ero impaziente di combattere ma dovetti aspettare fino ai 17 anni per salire sul ring, prima mi fecero fare tanti match di semi e light-contact che odiavo perché dovevi trattenerti e non potevi dimostrare la tua vera forza. Non a caso in un paio di match sono stato squalificato perché non riuscivo a dosare l’energia dei colpi. In quel periodo tutto sembrava nuovo, in particolare quando ho iniziato i primi incontri di kickboxing con i pantaloncini fichi ed i colpi alle cosce. Oggi è tutto più sviluppato, più inquadrato, specializzato. Ai miei tempi tanto era lasciato all’interpretazione ed al buon cuore delle persone, spesso si combatteva in tornei impossibili, in luoghi impossibili e con regolamenti folli. Era una giungla, oggi per fortuna questo non avviene più.



N: Com’eri da ragazzino?


SC: Vivendo in quartiere a metà tra il popolare ed il borghese ho visto tantissime cose. Ho vissuto l’ondata dell’eroina che ha rovinato tante vite di miei coetanei e ragazzi/e più grandi. La mia fortuna è stata quella di avere genitori giovani che capirono subito la natura del problema e che, dunque, mi hanno fin da subito sensibilizzato al tema della droga facendomi vedere le vittime, il disagio, le malattie. Sono sempre stato lontano a quel mondo. Da pischello mi dividevo tra la passione per la tecnologia (ai tempi molto di nicchia) e la voglia di andare in giro a fare casino con bici ed amici. Questo buon equilibrio mi ha permesso di essere sempre polivalente, in parte nerd ed in parte sportivo.


N: Quando ti sei appassionato alla comunicazione digitale?


SC: Il videomaking nasce come mezzo per promuovere me stesso. A differenza di alcuni colleghi che si affidano a videomaker esterni, io stesso ho sempre curato i miei video dalle riprese al montaggio fino al prodotto finale, musiche e grafiche comprese. Questo mi ha permesso di esprimere sempre quello che voglio senza compromessi, qualunque video mi venga in mente di fare posso farlo.


N: Come ti approcci nei tuoi servizi e nelle interviste alla gente dei quartieri? Cosa ti fa ottenere

la fiducia degli intervistati?



SC: Per andare in certi quartieri e parlare con certe persone

qualcuno deve garantire per te. Successivamente, invece, i video che producevo erano la mia garanzia. Il personaggio che vede un precedente video dove siamo stati neutri e precisi sarà invogliato a fare un video con noi. Per fortuna, inoltre, dell’organizzazione de “Quartieri Criminali” se ne occupa Mattia Faraoni, fighter professionista sia di kicboxing che di pugilato nella categoria dei

pesi massimi leggeri. Lui, grazie alla sua carriera, è seguito da molte persone dei quartieri difficili che lo apprezzano e si mettono a disposizione.




N: In alcuni tuoi video parli quasi di storia dell’undergound romano. Penso ai video sulla banda della Magliana che per chi è infoiato di Romanzo Criminale come noi siano istruttivi e curiosi. Dove ti informi?


SC: Io racconto spesso la parte peggiore della criminalità. La morte, la prigione, la latitanza vissuta come un disperato ed in particolare gli anni che una volta passati nessuno ti restituisce più. La Banda della Magliana la racconto cruda proprio perché Romanzo Criminale è un romanzo. La vita vera è tutta altra cosa. Per dare la maggior quantità di informazioni agli iscritti, oltre ai tantissimi libri che leggo sull’argomento, essendo di zona qualche aneddoto mi arriva anche da persone che hanno vissuto determinate esperienze sulla propria pelle.



N: Il bello dei tuoi video per me è proprio quello di mostrare senza giudicare. Come giudichi un format diverso come ad esempio quelli che ultimamente si vedono in tv dove si arriva, si spettacolarizza e poi si fa polemica?




SC: Quelli non sono veri format, non documentano nulla. Semplicemente cercano di suscitare scalpore quando il reporter di turno viene picchiato, inseguito e minacciato dalle ultime ruote di una macchina immensa. Guardando questi brevi servizi la gente si indigna pensando che esistano piazze di spaccio dove si può comprare ogni tipo di droga, sottovalutando il fatto che queste piazze esistono perché c’è un via vai di gente per bene che dai quartieri ricchi e meno ricchi va a comprare 24h su 24. Il problema più grande sarebbe capire con le persone perché spesso si cade nelle sostanze stupefacenti piuttosto che vivere realmente ma servirebbero video dove qualcuno dopo fatta la domanda sia disposto ad ascoltare.


N: Tu racconti specificatamente la vita di Roma. Come ti spieghi questo interesse per certe dinamiche della città a livello nazionale?




SC: Ti sorprenderà sapere che su Youtube la maggior parte del mio pubblico arriva dalla Lombardia, in particolare ho una forte base su Milano. Roma rappresenta una piccola fetta della mia utenza mentre su Facebook effettivamente la mia rete è un po’ più Romana. Il vantaggio di poter girare in una grande città come Roma è che se si vogliono produrre video si ha l’imbarazzo della scelta. Non a caso Roma è la città Italiana dove sono state girate il maggior numero di pellicole. I romani ed i napoletani sono geneticamente portati per fare gli attori ed infatti sono le due città che hanno dato i natali ai più grandi attori del nostro Paese.


N: Sei soddisfatto di quanto ottenuto negli anni su Youtube?



SC: Sono molto soddisfatto del lavoro fatto sui social in genere perché sono riuscito a fare quello che volevo con il supporto di tante persone. Inoltre ho scoperto di aver dato un mio piccolo contributo in tante situazioni diverse. Il mio scopo era semplicemente documentare per le persone comuni, mostrare come sono fatti certi luoghi, quartieri e borgate rispetto a quello che mostrano certi servizi tv. Ovviamente, vista la grande risonanza che i miei video hanno avuto, chi occupa posti di responsabilità sarebbe molto miope se non avesse mai agito di conseguenza per ovviare ad una criticità che io evidenziavo. In particolare ho notato che dopo un video di denuncia fatto con Franchino sullo stato degli alberi in un famoso viale di Roma, qualcosa si è mosso ed in questi giorni stanno potando dopo anni di immobilità. Lo stesso dicasi per alcuni casi documentati con “Quartieri criminali”, dove emittenti e giornali locali hanno cavalcato l’onda dei miei video per fare servizi su certe situazioni particolari.




N: Hai mai pensato di iniziare a parlare e girare in altre città italiane al di fuori di Roma?


SC: Mi piace molto cambiare i miei format perché ho sempre idee che mi piacerebbe vedere realizzate ma, ovviamente, i mezzi ed i budget sono sempre e solo i miei perciò molto limitati altrimenti avrei già fatto tante altre cose oltre a quelle che porto avanti. Ad esempio, per “Quartieri criminali” siamo stati invitati ovunque in Italia ed abbiamo tanti contatti nelle altre città anche grazie alle realtà sportive che sul territorio aiutano i ragazzi. Purtroppo, come detto prima, abbiamo un problema di budget ed al momento non possiamo permetterci una trasferta. Mi auguro che in futuro una produzione possa supportarci per realizzare prodotti migliori in tutte le città di Italia.


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